Valeria Golino chiude #Giffoni54 con “L’Arte della Gioia”: emozioni e dialogo con i ragazzi

Valeria Golino chiude #Giffoni54, dialogando con i ragazzi de “L’Arte della gioia”

Valeria Golino chiude la 54esima edizione del Festival di Giffoni presentando il film – miniserie Sky Original, “L’arte della Gioia” tratto dal libro di Goliarda Sapienza, per molti un romanzo di formazione. 

Un film complesso, impegnativo, prodotto da Sky Studios e da Viola Prestieri per HT Film. Con l’attrice napoletana tre attori del cast: Ecla Insolia, Alma Noce e Giuseppe Spata, tutti accolti dal calore dei ragazzi della sala Truffaut.

Goliarda Sapienza è stata per Valeria Golino “una persona per me importante”. E la vita è strana, “l’ho conosciuta sul set del film “Storia d’amore” di Citto Maselli, ex marito della Sapienza, avevo 18 anni e mi fece da tutor per migliorare la mia dizione”. E per uno strano destino il libro è ritornato tra le sue mani e “con Viola Prestieri abbiamo acquistato i diritti e iniziato a scrivere la sceneggiaturaQuando ci siamo accorti che non bastava per farne un film, è nata la serie”. Ma non è finita qui, perché in questi giorni la Golino è sul set dell’ultimo film di Mario Martone, “Fuori”, dove interpreta proprio Goliarda Sapienza.

Già ospite del Giffoni nel 2011, come ha ricordato il fondatore e ideatore del festival Claudio Gubitosi, la Golino ha raccontato della sua adolescenza “complessa tra una lunga malattia e il divorzio dei miei genitori. Poi mi sono ritrovata immediatamente a lavorare e non l’ho più vissuta come invece andrebbe fatto”. Ma sono i ragazzi della Truffaut a travolgerla di affetto e domande, a lei come ai ragazzi del cast.

Il film segue fedelmente il libro?” E’ una delle prima domande che i ragazzi pongono alla regista. “In parte sì e in parte no – spiega la Golino – Per poter rendere al meglio sullo schermo è chiaro che abbiamo fatto delle aggiunte. Ad esempio, il personaggio di Giuseppe Spata, Rocco, lo abbiamo inventato perché ne avevamo bisogno per far funzionare al meglio il film”.

La storia racconta di Modesta che cresce nella campagna siciliana insieme alla madre, che detesta la sua indole ribelle e le preferisce la sorella disabile. Quando suo padre, da tempo assente, ricompare è per abusare di lei e del suo immenso bisogno di affetto. E Modesta si vendica, mandando in cenere il mondo in cui è cresciuta. Nel convento per figlie dell’aristocrazia siciliana dove viene accolta diventa la favorita della madre superiora Eleonora, di cui si innamora anche in virtù di quella fame atavica di attenzioni. Ed è proprio su questa fame d’affetto che si posa una delle domande dei ragazzi: “Io penso che tutti noi abbiamo il bisogno di essere riflessi nell’altro per poter gioire – dice la regista – E credo che questa necessità sia maggiormente acuita nell’età adolescenziale”.

Ma la curiosità dei ragazzi è tanta, come ad esempio l’uso del dialetto siciliano. “Io ho origini siciliani – risponde Tecla Insolia – e a casa si parla in italiano e si litigava in siciliano. Ma prima di iniziare e durante le riprese abbiamo avuto l’aiuto di Filippo Luna. Con lui abbiamo cercato di inventarci un dialetto che non fosse riconducibile ad alcune zone della Sicilia. E prima del ciak ripetevamo le battute”. 

Qual è il ruolo di un regista nella riuscita di un film?” Chiede una ragazza: “La responsabilità dei registi nel rapporto con gli attori è fondamentale – spiega la Golino – perché se un attore viene compreso riesce a dare molto di più. Noi attori – aggiunge la regista – siamo co-autori del film e creare un giusto rapporto con chi ci dirige non fa altro che bene al film”. 

Più complessa la domanda di Renato, che chiede: “Si sente che è un’opera scritta negli anni Settanta, lo si intuisce dal fatto che alcune cose sono rivoluzionarie per quei tempi. Ma mi chiedevo, ha senso oggi farlo guardare a noi?”. La Golino si complimenta, si prende un attimo e poi risponde: “Me lo sto chiedendo ora mentre mi confronto con voi. Il personaggio della protagonista è complesso ma vero e rappresenta la complessità degli esseri umani, quelli di ieri e quelli di oggi. Per questo credo abbia senso vederlo anche oggi”.

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