Alessandro Borghi: “Grazie a Gianni Amelio mi sono rinnamorato del cinema”

Poi c’è chi, come Giovanni Scotti, ha fatto una fatica doppia: “da napoletano, col siciliano ho avuto enormi problemi” ha confessato “però Gianni Amelio si è fidato di me. Prima di lavorare col siciliano, mi sono immerso nello studio della lingua e il personaggio attraverso di essa rivela una visione del mondo molto precisa, con molte parole non traducibili. Trovare il siciliano è stato trovare il personaggio del mio Vincenzo. L’attore Giovanni Calcagno mi ha aiutato molto per costruire un siciliano in realtà antico e non contemporaneo”. Ma anche per un napoletano come Vincenzo Vivenzio non è stato facile come pensava. “Il mio personaggio, utilizza un dialetto napoletano antico, quindi problematico per chi come usa quello moderno. Mi ha aiutato un Professore di Napoli, e fatemi dire che utilizzare una lingua che non è tua è difficile. Ma mi sono lasciato andare“.

campo di battaglia


Campo di Battaglia
 è però un film girato in luoghi particolari
, in quel Nord Italia dove si combatteva sul serio, 110 anni fa. “Su quei luoghi si è veramente svolta una parte della guerra, i problemi sono sorti quando abbiamo dovuto ricreare gli interni della fortezza, girata in tre luoghi diversi” ha spiegato Gianni Amelio “In questo film la fotografia ha giocato un ruolo importantissimo. Sei sempre in gara contro il tempo per ottenere la luce migliore. Spostarsi da una regione all’altra e poi tornare è stato una routine, ma per esempio era importante che durante la scena del matrimonio in esterna, ci fosse il sole e non con la pioggia. Le intemperie sono state ora risorsa, ora ostacolo“.

Io personalmente mi sono trovato a farmi domande non da nulla, del resto mi piace la relatività sul giusto e lo sbagliato che il mio personaggio rappresenta. Da padre mi sono chiesto: se mio figlio perdesse una gamba e però tornasse a casa, sarei felice?” dice Alessandro Borghi “Rispondo dicendo che forse che no, non l’avrei fatto, non mi sarei preso la responsabilità di decidere per gli altri. Ci siamo tutti fatti domande sulla guerra per rispondere ai quesiti narrativi creati dal film. La mia idea di guerra era identica prima e dopo la realizzazione di Campo di Battaglia. Mi ha portato ad allargare lo sguardo, a pensare a come si forma un’opinione al riguardo, quindi all’uso dei social che oggi è un problema tra i più grandi. Ogni giorno uno si alza e pensa di avere la verità in tasca sulle guerre del mondo, visto che servono strumenti per comprendere la verità e proprio questi oggi vengono sabotati”.

campo di battaglia


Ma cosa ha significato 
Campo di Battaglia? “La costruzione del personaggio è stata straordinaria, Gianni da questo punto di vista è attento ad ogni dettaglio, in ogni scena, ad un livello incredibile” ricorda Borghi “In una scena mi ha chiesto di cambiare la voce, di essere più un baritono. Non avevo capito perché e lui mi ha spiegato che una persona quando è con gli altri è una cosa, quando si è da soli si è un’altra e quindi anche la voce. Come se ci fossero due anime distinte. Con altri registi non avrei seguito quest’idea, semplicemente perché Gianni mi ha investito di una fiducia semplice da contraccambiare. Gianni sta sempre lì a prendersi cura di tutto. In quella famosa scena del matrimonio, ha fatto sei volte il giro dei tavoli per vedere se le posate erano messe bene”.

L’ultimo pensiero Alessandro Borghi lo dedica al cinema italiano: “Campo di Battaglia mi ha ricordato la bellezza di fare cinema, perché il cinema italiano oggi lo vedo prevalentemente brutto. Questo lo dico senza fare nomi però la maggior parte dei film che escono da noi sono brutti. Prima c’era una legge strana, per cui i film brutti comunque incassavano, ora invece manco incassano, quindi non si capisce perché farli. Questa è una riflessione che però riguarda anche la mia esperienza personale, venivo da una serie molto lunga come Supersex, che è stata complessa, faticosa e mi ha messo di cattivo umore per la gestione connessa ad un pubblico così ampio. Lì è molto difficile prendere delle decisioni tutti insieme, alla fine sei d’accordo con 3 persone su 60. Senti di non aver espresso bene il tuo parare, io poi vivo nel terrore di non essere capito. Poi però è tornato lui, Gianni Amelio, a farmi riscoprire la voglia di fare questo mestiere”.

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