In Campo di battaglia con Alessandro Borghi e Gabriel Montesi, il nuovo film di Gianni Amelio in concorso al Festival del cinema di Venezia e in sala subito, dal 5 settembre, lo scontro che viene raccontato non è quello nelle trincee della prima guerra mondiale. Semmai è quello tra due visioni, una utopistica e una pragmatica, militaresca, di due ufficiali medici dell’esercito italiano che curano i feriti in ospedale, autolesionisti compresi, ovvero quei soldati che pur di tornare a casa si infliggevano ferite e traumi di ogni tipo.
Ambientata alla fine della guerra – l’influenza spagnola infatti sta per arrivare a fare altre vittime – la storia ha al centro questi due medici amici nella vita ma divisi da visioni e ideali contrapposti: Giulio, interpretato da Alessandro Borghi, che offre ai soldati una via di uscita dalla guerra al prezzo di amputazioni che li renderanno per sempre invalidi, e Stefano (Gabriel Montesi) che crede nella necessità del conflitto e bolla come codardi tutti coloro che tentano di sottrarsi al proprio dovere di soldati. In mezzo a loro Anna (Federica Rosellini) ex studentessa di Medicina, costretta a lasciare gli studi in quanto donna, che lavora in ospedale come infermiera e che è legata a entrambi da un’amicizia che, forse, nel caso di Giulio, nasconde qualcosa in più.
«Mi sono chiesto se avrei fatto come Giulio? Non credo, ma quello che mi è piaciuto di questa storia è il fatto che giusto e sbagliato siano relativizzati», dice Borghi. Da padre, però, mi sono domandato quale sarebbe stata la mia reazione se mio figlio fosse stato risparmiato dal tornare al fronte in cambio di un’invalidità perenne. Il problema di Giulio è che, a un certo punto, si assume la responsabilità di decidere per gli altri. Fino a quando un militare gli dice che piuttosto che farsi amputare preferisce imbracciare di nuovo il fucile. Una scena che tra l’altro non era nella sceneggiatura originaria e che cambia molto la prospettiva del personaggio e della storia».
Aggiunge: «Io, comunque, non porto i miei punti di vista dentro i personaggi. Altrimenti sarei costretto a farmi un sacco di domande per cui non saprei trovare una risposta. Con Gianni Amelio, però, abbiamo parlato molto di guerra, più che altro in relazione a quella che è la narrazione del film. Nella realtà, è evidente, che nessuno è a favore. Ma oggi vedo un problema con i social media: chiunque pensa di poter postare la propria soluzione ai conflitti e, nel giro di poco, finisce che tanti pensano le stesse stronzate».