Sarà un maschio, nascerà ad aprile ma sta già ascoltando i Beatles. Il cantante dei Negramaro e la compagna annunciano a noi la notizia più bella: aspettano un figlio, il secondo. Con la stessa gioia ma più leggerezza. Che è anche un augurio a chi ha paura di diventare genitore oggi
Lei dice: «Mi mette un po’ di agitazione l’idea di finire sui giornali. Sono più a mio agio tra le strade di casa mia, diciamo così». Lui: «Stare zitto per tanti mesi è stata una rottura, per me che sono un chiacchierone se non condivido una gioia con gli altri è dura». La gioia è in questo annuncio: «Siamo al sesto mese». Insieme da una vita, Ilaria Macchia, 43 anni, sceneggiatrice e scrittrice, e Giuliano Sangiorgi, 45, frontman dei Negramaro, aspettano un bambino, il secondo dopo Stella, arrivata sei anni fa: «È un maschio, nascerà ad aprile». Tra uno spostamento e l’altro con la band, che da settembre 2025 porta in un tour nei palazzetti il nuovo album Free Love, Giuliano parla nel suo modo appassionato di emozioni e aspettative, Ilaria – più schiva – ci consegna qualche pensiero sulla gravidanza e la maternità. «Non volevamo dirlo prima perché c’erano i progetti dei Negramaro e quelli di Ilaria come sceneggiatrice e non ci piace mischiare i piani. È una cosa così bella e personale che doveva andare su un altro binario», spiega Giuliano.
Ilaria Macchia, 43 anni, sceneggiatrice di cinema e serie tv e scrittrice, e Giuliano Sangiorgi, 45, cantante dei Negramaro, che da settembre 2025 parte per un tour nei palazzetti (tra le altre date, il 3 ottobre suonano all’Unipol Forum di Milano, il 7 all’Unipol Arena di Bologna e il 29 ottobre al Palazzo dello Sport di Roma).
Quando è arrivato il desiderio di un altro figlio?
Ilaria: «Volevamo anche dare un fratello a Stella. Essere figlia unica mi ha reso una persona un po’ solitaria, taciturna, non mi sarebbe dispiaciuto avere un po’ di casino in casa».
Giuliano: «Io che ho due fratelli con cui ho condiviso la camera e la vita per 23 anni e con cui ancora oggi divido tutto, non mi ero mai posto il problema, perché per me la solitudine non esiste, non è mai esistita. Mi sono sentito solo solo quando ero andato a New York per un periodo e avevamo messo in pausa i Negramaro: è stato bruttissimo, non avevo gioia. Ma è stata appunto un’eccezione. Per me la vita è sempre stata condivisione. Ilaria invece ha sofferto sempre la mancanza di un fratello. E poi non pensavo che avrei avuto altri figli dopo Stella, mi pareva impossibile provare lo stesso amore per un altro bambino».
Ne avete parlato con Stella?
I.: «Sì, l’abbiamo detto a Stella lei ci ha pensato un attimo e ci ha risposto che era contenta perché così potrà avere un letto a castello. Mi sono piaciute due cose di questa risposta: il suo atteggiamento astuto di trarre qualcosa di buono da questa situazione; e il fatto in sé, il ricavo di un divertimento, l’avventura di dormire al piano di sopra di un letto a castello. Stella è una bambina presa bene, speriamo che continui così».
G.: «È diventata grande ormai. L’altro giorno ci hanno chiamato le maestre perché aveva scritto una poesia che diceva: “La pace è come il sole che scioglie il ghiaccio”. Sono rimasto sconvolto».
Perché?
G.: «Perché a un certo punto ti rendi conto che quella persona che hai messo al mondo cresce e ha la sua vita e tu c’entri poco con quella cosa. È una vita indipendente».
Un bene o un male?
G.: «È un bene. È una cosa che ho percepito appena Stella è nata e mi ha guardato: in quel momento, tutte le mie grandi paure di diventare padre sono svanite. Ho sentito la potenza di un’altra vita, che in qualche modo mi ha deresponsabilizzato. C’era una persona che era venuta al mondo e aveva una sua vita, un suo binario, il suo momento. Tu come genitore non sei responsabile del suo destino, della sua felicità, non sei il protagonista, ti devi fare da parte: puoi solo essere un esempio. Infatti io odio quando mi dicono: eh ora che sei papà, tutto è cambiato».
Perché?
G.: «Perché non mi sento affatto cambiato come persona, nei miei obiettivi. Lo dico perché ci sono troppe aspettative, troppe paure che aleggiano sul fatto di fare figli. È vero: io e Ilaria siamo fortunati perché possiamo permetterci di avere un aiuto con Stella, ma bisogna alleggerire l’idea del mettere su famiglia. I nostri genitori erano pazzi d’amore, hanno fatto i figli a vent’anni. Poi l’amore giovanile è stato demonizzato, è passata l’idea che prima bisogna sistemarsi. Ma perché?».
Ci vuole più coraggio? Più incoscienza?
G.: «Un po’ sì, bisogna buttarsi. E lo dico in un’Italia che non fa più figli. Certo, ci sono tutti i problemi che conosciamo: il lavoro, l’incertezza, il carico familiare che è ancora spesso tutto sulle donne, le donne che sono discriminate sul lavoro. Ma c’è anche un fattore culturale. Abbiamo più amici senza figli che con. Com’è possibile? Non dico ovviamente che uno deve avere un bambino se non lo vuole, ma perché tutta questa paura di generare? Spero che si possa recuperare un po’ di leggerezza in questo senso».
G.: «Ci abbiamo provato per un po’ ma non arrivava, alla fine è successo quando ci siamo liberati dal pensiero. Me lo aveva detto una signora in treno: “provarci troppo” non va bene, un figlio arriva quando si è più in pace, più leggeri».
I.: «Io sono il contrario di una persona ipocondriaca, non so qual è il termine medico che mi descrive. Penso sempre che va tutto bene e che qualsiasi cosa si risolve in un minuto, e vabbè mo’ passa. Al settimo mese della gravidanza di Stella c’è stato il malessere di Lele (Spedicato, il chitarrista dei Negramaro, colpito da un ictus nel 2018, ndr), che un po’ ha cambiato alcuni equilibri di quegli ultimi due mesi. Fino a quel punto era stato tutto facile, un gran divertimento. Forse quella situazione mi ha lasciato qualche pensiero, e questa volta sono un po’ più attenta, cerco di prevedere delle mosse (come se fosse possibile). E poi ogni giorno dico: dai, oggi è andata bene. Certo forse conta anche il fatto che ho sei anni in più, ho l’età che aveva mia madre quando io avevo 22 anni. Non ci posso pensare».
G.: «Io sono in giro da tre mesi per l’album, quindi ho un po’ di arretrati. Non vedo l’ora che sia gennaio, quando ce ne andremo via in vacanza. Come con Stella, voglio fargli sentire un po’ di musica buona nella pancia».
Canzone preferita dell’attesa?
G.: «Across the Universe dei Beatles».
Ha già composto una canzone per il bambino che nascerà?
G.: «È strano ma per Stella ne avevo scritta una quando avevo saputo della gravidanza un giorno che ero a Londra ma non l’ho mai fatta uscire. Mi sembrava una cosa troppo privata. E pochi giorni fa ero di nuovo a Londra, ho riletto il testo del pezzo e mi sono ritrovato nelle stesse sensazioni».
I figli bloccano la creatività?
G.: «So che è una cosa che si dice ma io sono stato fortunato perché prima che nascesse Stella, Ilaria mi aveva avvertito: smonta lo studio che hai in casa e sistemati fuori di qui. Così ho fatto. Ilaria aveva ragione: in casa non avrei più scritto niente. È stata la mia salvezza».
Dopo Stella, un maschio. Sarà molto diverso?
I.: «Io sono contenta perché mi sembra davvero di mettermi in una condizione non ancora mai vissuta, e questo devo dire che mi esalta».
G.: «Ho la sensazione che sarà molto più fisico. Poi per il resto chissà. Certe cose le ho passate a Stella senza che neanche gliele dicessi, come l’amore per la musica».
I.: «Non lo so, mi sembra soprattutto di navigare a vista, forse il metodo è questo. E mi sembra che in fondo lo facciano un po’ tutti i genitori. Un giorno credo in una cosa e il giorno dopo capisco che forse è vero il contrario. Poi la sera andiamo a letto, leggiamo Gianni Rodari e capiamo che lui sa. E insomma, anche se io non so l’importante è che qualcuno sappia».
G.: «Si dice sempre che non dobbiamo essere amici dei nostri figli, ma se guardo a mio padre e a mia madre, che mi hanno protetto sì ma mai tenuto in una bolla, che mi facevano guardare i film dei grandi registi e la tv fino a tardi, che non mi hanno mai messo le mani sugli occhi, ecco io vorrei essere come loro: come padre cerco di avere una relazione alla pari fatta di rispetto e bellezza. Non credo al padre autoritario. Spero di essere invece un padre che sia in grado di riconoscere e assecondare i talenti dei miei figli, come mio padre fece con me, quando un giorno fece retromarcia con la macchina e mi comprò una chitarra. Io avevo otto anni. Quella fu la mia sliding door».
La paura più grande?
G.: «Che non gli piaccia la scuola, lo studio. Per me è fondamentale, spero che si appassionino».
Come si chiamerà?
G.: «Questo non lo diciamo, ma di sicuro il nome avrà un legame con la mia famiglia, così come Stella è il nome della bisnonna di Ilaria. Non si chiamerà però come mio padre (scomparso nel 2013, ndr): anche se sono del Sud e sarebbe normale dargli il nome di papà, di Gianfranco Sangiorgi ce ne sarà sempre solo uno».