Dal palco di Sanremo Young al grande schermo, prima con il ruolo dell’inquieta Goliarda Sapienza e poi con il film L’albero, in concorso alla Festa del cinema di Roma
Chi sono e cosa cercano i ventenni di oggi? Una risposta univoca tradirebbe un universo complesso. L’importante, però, è fare piazza pulita dei luoghi comuni: lo dice la ventenne Tecla Insolia che, insieme alla ventisettenne Carlotta Gamba, è protagonista del film L’albero di Sandra Petraglia, “una storia di amicizia, di amore e di morte” in concorso alla Festa del Cinema di Roma, poi in sala nel 2025. Un ritratto generazionale centrato su Bianca e Angelica che sono amiche, si amano, dovrebbero andare all’università, “vengono da famiglie abbastanza agiate, ma vogliono prendere in mano la loro vita in modo differente rispetto ai loro genitori”, anticipa Insolia nel ruolo di Bianca.
Anche lei ha tracciato da sola il suo percorso, iniziando dalla musica: nel 2019 ha vinto Sanremo Young, l’anno successivo è tornata nelle Nuove Proposte, e intanto recitava anche nei panni della cantante Nada ragazzina nel film tv La bambina che non voleva cantare. Poi è arrivato un ruolo di svolta: quello di Modesta nella serie L’arte della gioia, dal romanzo di Goliarda Sapienza, applaudita al Festival di Cannes e in onda su Sky e Now Tv nella primavera 2025. Per interpretare la donna più libera e imprendibile della letteratura italiana, ha intuito la regista Valeria Golino, serviva non solo un gran talento d’attrice, ma anche una grande personalità. E infatti nelle parole di Tecla c’è la saggezza naturale di chi ha iniziato presto ad abitare un mondo adulto: “Per le esperienze che ho fatto credo di essere cresciuta un po’ prima del tempo”, dice.
Cosa la avvicina al personaggio di Bianca?
Bianca ha un forte legame con la nostalgia: sceglie di vivere il presente ma ricordandosi del passato, ha la consapevolezza che quello che sta vivendo non sarà per sempre. In questo mi rispecchio: non voglio essere una persona indifferente a quello che succede attorno a me.
È lo stesso sentimento che provano anche i suoi coetanei rispetto al futuro?
Non voglio parlare per un’intera generazione, ma certo viviamo un mondo che sta andando a fuoco. Il sentimento verso il futuro è la paura, non una paura che ti ferma, ma che accende la rabbia. Spesso la mia generazione è additata come superficiale, indifferente: sono irritata da questo pregiudizio. I giovani scendono in piazza, manifestano, ci mettono la faccia e lo fanno per dei valori che, tolta la politica, nascono dall’urgenza di essere liberi, di rispettare se stessi e gli altri. Questo spaventa chi ha sempre scelto di voltarsi dall’altra parte. La mia speranza per il futuro sta proprio nella non indifferenza della mia generazione verso quello che ci accade intorno.
Lei è cresciuta a Piombino e ha iniziato a studiare canto prestissimo…
Avevo 5 anni. Non vengo da una famiglia di spettacolo: mia mamma mi diceva che cantavo prima di iniziare a parlare, così mi ha iscritta a una scuola di recitazione per bambini e ragazzi. A 10 anni ho fatto il mio primo programma tv. Ho debuttato a 14 anni nella serie Vite in fuga: sei mesi di riprese, ero la figlia di Anna Valle. È stata una scuola, da lì mi ha visto la mia agenzia e tutto è cominciato.
Cos’hanno cambiato progetti importanti come L’arte della gioia o L’albero?
Sono stata fortunata: personaggi come Modesta e Bianca sono una rarità, soprattutto nella scena femminile del cinema italiano. È come sentire un nuovo tipo di empatia, una modalità di affrontare il lavoro che non ti pone limiti etici.
Modesta è una donna libera che ha attraversato un’infanzia difficile: per prendere dalla vita quello che desidera arriva anche a uccidere. Però sa soffrire, sa amare. Che rapporto ha avuto con questo personaggio?
Sono abbastanza metodica: quando interpreto un personaggio c’è una struttura di cose che devono essere consolidate dentro di me. Per Modesta, era importante l’assenza di giudizio: a volte volevo intervenire e dire “forse questo è troppo”, ma non era quello che pensava lei. C’è un tipo di libertà complesso da comprendere: abbiamo un’educazione basata sul senso di colpa, sul timore, sull’insicurezza. Il muoversi nell’eccesso di Modesta è utopico ma la rende anche così interessante. È il personaggio dei sogni di qualsiasi attore. Valeria Golino stessa per me è Modesta.
È vero che odia rivedersi sullo schermo?
Sì: sono una persona molto critica nei confronti di me stessa e ammetto che è quasi una specie di psicosi. Forse non avrò mai piacere di rivedermi, ma adesso che sto crescendo provo a riconoscere l’impegno che ci metto, il lavoro fatto.
In queste settimane è sul set del film Primavera accanto a Michele Riondino: lui interpreta il compositore Antonio Vivaldi, lei una ragazza che gli fu molto vicina…
Il film è ispirato al libro di Tiziano Scarpa Stabat Mater che ha vinto il Premo Strega: è la storia di Cecilia, una ragazza cresciuta all’orfanotrofio dell’Ospedale della Pietà a Venezia, che ha avuto come insegnante Vivaldi. L’autore si è ispirato agli spartiti scritti da Vivaldi per Anna Maria Dal Violin, che nel libro e nel film diventa appunto Cecilia. Nonostante la differenza d’età, lei e Vivaldi erano accomunati dalla condivisione dello stesso tipo di sofferenza e dalla musica.